Realizzare una Carta dei Vini per un Ristorante può apparire semplice. Nella pratica però, come tante altre cose, diventa ben più complesso: un Ristorante come il nostro deve poter rispondere a una clientela piuttosto esigente, e la cultura enogastronomica è per sua connotazione, poco incline a perdonare errori di forma come di sostanza. Si aggiunga a questo la necessità di offrire una scelta completa, ma adatta a un Menu in costante evoluzione… senza perdere di vista la sostenibilità e l’instancabile ricerca della migliore qualità.
In questa occasione chiediamo a Roberta, consulente Food & Beverage di Gastarea, qualche notizia in più sulle modifiche alla Carta nell’autunno 2020.
Cosa vorresti saltasse all’occhio del cliente, aprendo la nostra Carta dei Vini?
Amiamo il nostro territorio così come il nostro lavoro, e la nostra carta dei vini vuole comunicare questo sin dalla prima lettura. La nostra scelta parte proprio da qui: Castel San Pietro Terme. Una scelta ampia e adatta a tutti i gusti, che non rinuncia alle eccellenze delle altre regioni italiane, ma diventa capace di riassumere la cultura enologica della nostra regione e del nostro circondario.
Qui, a cavallo tra Emilia e Romagna, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta…
Verissimo. Viviamo in un territorio fortunato, non solo per la storia e la cultura che accompagnano la produzione del vino sin dall’antichità, ma anche per l’ottima salute del comparto oggi. Le aziende che lavorano sull’eccellenza del prodotto sono numerose e in salute, solo qui a Castel San Pietro abbiamo diverse grandi realtà in continua espansione in Italia come all’estero, e tantissimi produttori di nicchia. Ma c’è di più.
Dicci tutto.
I vitigni più conosciuti e storicamente apprezzati sono Pignoletto, Albana e Sangiovese. Gastarea aveva già un’offerta piuttosto completa da questo punto di vista. La novità che abbiamo voluto fortemente quest’anno è la ricerca e l’inserimento in Carta di vitigni minori, spesso relegati a un ruolo più marginale, ma ricercati ed apprezzati dagli estimatori della gastronomia emiliano-romagnola.
Un viaggio nella memoria per alcuni, una piacevole novità per altri?
Chi ha vissuto il territorio e la sua storia apprezzerà sapori e profumi che risveglieranno memorie sopite, tornando ai tempi in cui questa terra era prima di tutto terra di agricoltori ed allevatori, abituati alla vita contadina. I più giovani avranno invece il piacere di gustare nuovi vini e nuovi abbinamenti, e conoscere la propria storia attraverso prodotti rigorosamente selezionati per personalità, prossimità territoriale, e chiaramente per gusto.
Tutto chiaro, ma ora mi è venuta voglia di provarne uno… Quale stappiamo?
Dipende da cosa ordini, ma proporrei:
Il Montuni, vitigno autoctono a bacca bianca coltivato nelle pianure di Bologna e Ravenna, è un bianco fresco, sapido, fruttato e minerale. Il Malèstar del bravissimo Mirco Mariotti a Consandolo, in provincia di Ferrara, ne è una versione molto sincera.
Il Famoso, chiamato anche “uva rambela”, è un autoctono della Romagna, usato spesso come uva da tavola. Recentemente è stato rivalutato e la sua produzione è stata salvaguardata per non perderne il valore storico e culturale, oltre che organolettico. Si presenta con note aromatiche e di struttura. Il Vip della Sabbiona, sulle colline di Faenza ad Oriolo dei Fichi, presenta una personalità molto decisa, che i nostri clienti più affezionati apprezzeranno.
Il Centesimino, denominato localmente anche Savignon rosso, è un vitigno autoctono a bacca rossa, coltivato nelle colline delle province di Ravenna, Forlì e Cesena. Si fa notare ed apprezzare per le sue note di freschezza, intensità e longevità. Ne abbiamo anche una versione in appassimento, da combinare ai nostri dessert.